Collabora con noi – obiettivo tirocinio in Psicologia Sapienza Università di Roma
Il Servizio per la Prevenzione del Suicidio (diretto dal Prof. Maurizio Pompili) presso l’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, grazie alla specifica convenzione con Sapienza Università di Roma vanta oltre dieci anni di esperienza nell’accoglienza di tirocinanti della Facoltà di Psicologia (attualmente Facoltà di Medicina e Psicologia). Nel corso di questo periodo diverse centinaia di tirocinanti pre e post-lauream hanno acquisito conoscenze e competenze frequentando il Servizio presso la UOC di Psichiatria dell’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea. Nel servizio operano psicologi iscritti all’albo e medici psichiatri
Nello specifico, gli obiettivi del tirocinio sono:
- acquisire le conoscenze necessarie ad orientarsi e comprendere l’organizzazione della U.O.C. di Psichiatria
- osservare in modo sistematico specifiche attività cliniche in relazione all’utenza, alle modalità di attivazione degli interventi, agli incontri dell’équipe.
- partecipare alle riunioni di organizzazione delle attività cliniche
- assistere, in qualità di osservatore, alla somministrazione dei test
- archiviazione dati all'interno di data-base
- partecipazione a convegni e corsi di formazione
- ricerca sistematica attraverso pub-med
- partecipare a pubblicazioni scientifiche
Inoltre, il Servizio accoglie la frequenza volontaria di medici e psicologi che desiderano approfondire i temi trattati dalla struttura.
Il Servizio si distingue per le numerose collaborazioni con diversi enti, univeristà italiane e internazionali, associazioni e studenti univeristari.
Tentativo di suicidio
Sotto l’etichetta di “tentativo di suicidio” si annoverano una gran varietà di comportamenti che nella maggior parte dei casi si discostano dal reale significato del termine. Un gruppo di lavoro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Working Group on Preventive Practices in Suicide and Attempted Suicide, 1986) ha definito il tentativo di suicidio come un atto non abituale con esito non fatale in cui un individuo deliberatamente inizia un comportamento non abituale, senza l’intervento di altri, allo scopo di causarsi un danno, oppure ingerisce una sostanza in eccesso rispetto alla dose prescritta allo scopo di causare conseguenze fisiche.
Secondo la nuova nomenclatura, un tentativo di suicidio è definito come un comportamento potenzialmente lesivo con esito non letale per il quale c’è (sia esplicita che implicita) l’intenzione di morire. Un tentativo di suicidio può esitare in nessuna lesione, lesioni di vario genere o morte. Se c’è dunque anche un po’ di intenzione di morire allora si parla di tentativo di suicidio, tipo I (nessuna lesione), oppure di tentativo di suicidio tipi II (con lesioni) senza considerare la gravità della lesione o la letalità del metodo. In questi termini si crea dunque una distinzione con il comportamento autolesionistico.
I tentativi di suicidio riferiti dai pazienti hanno inoltre una validità molto limitata soprattutto per via della definizione e del richiamare alla mente l’atto (Kjoller, Norlev e Davidsen, 2004). Freeman, Wilson, Thigpen e McGee (1974) hanno riferito che la maggior parte delle persone incluse nel loro studio sull’intenzione di uccidersi dopo aver effettuato un gesto autolesionistico si riferivano al loro comportamento come suicidario quando invece l’intenzione di morire era minima Nel dossier del Center for Disease Control degli Stati Uniti sui comportamenti a rischio tra i giovani (Centers for Disease Control and Prevention, 2005) solo 1 su 3 degli adolescenti che riferivano un tentativo di suicidio aveva richiesto un intervento medico. Meehan, Lamb, Saltzman e O'Carroll (1992) avevano fatto notare su 10 tentativi di suicidio solo 1 aveva richiesto il ricovero. Questo indica che il termine ‘tentativo di suicidio’ veniva utilizzato anche per varie forme di autolesionismo. E’ condivisibile il parere di O’Carroll et al. (1996, pp. 238) che hanno sottolineato che “dal momento in cui il termine ‘tentativo di suicidio’ significa potenzialmente così tante cose differenti, c’e’ il rischio che alla fine non significhi assolutamente nulla”.
Ideazione Suicidaria
Per ideazione suicidaria si intende una serie di pensieri riferiti alla messa in pratica di azioni atte a produrre la propria morte. L’ideazione suicidaria può avere gravità diverse a seconda della specificità di piani di suicidio e dal grado dell’intento suicidario.
Il Servizio per la Prevenzione del Suicidio offre un numero telefonico diretto per raccogliere le richieste di aiuto. Il nostro scopo è fornire alla collettività un servizio di prevenzione del suicidio rivolto a chi sta attraversando un momento di crisi emotiva o a chi ha perso un caro per suicidio (survivors), attraverso una linea telefonica sostenuta da un’équipe di medici, psicologi e volontari. Da tutta Italia, quotidianamente, riceviamo richieste di aiuto che celano una disperazione non facilmente condivisibile, vissuta spesso con estrema solitudine. Questo servizio vuole offrire, sia a coloro che sono a rischio di suicidio sia ai survivors, la possibilità di accedere ai nostri programmi di prevenzione presso i Servizi ambulatoriali della nostra Azienda oppure ai presidi territoriali di zona.
Si precisa che il seguente numero non supporta situazioni di emergenza, per le quali è possibile rivolgersi ai servizi di emergenza presenti sul territorio o chiamare il numero unico nazionale 112.
Parla con noi
Informiamo che a causa di carenza del personale volontario autorizzato, la nostra linea di ascolto “Parla con noi” sarà sospesa fino a data da destinarsi.
Il SPS offre:
- interventi diretti alla popolazione generale divulgando gli elementi fondamentali per prevenire il suicidio e proponendo una sana e scientifica informazione sul fenomeno del suicidio;
- strumenti di maggiore utilità alla comunità scientifica e per il clinico nella valutazione, predizione e prevenzione del suicidio;
- formazione del personale sanitario, presso scuole, centri anziani, forze armate, centri sportivi, medici di base, parrocchie, carceri;
- programmi diretti a coloro che hanno perso una persona cara a causa del suicidio. Il Servizio si dedica all’attività di ricerca, assistenziale e formativa. Successivamente avviene la presa in carico del paziente secondo modalità individuali e sulla base delle guidelines internazionali condivise dalla comunità scientifica.
Il Servizio è attualmente impegnato nei seguenti progetti di ricerca nell'ambito della prevenzione del suicidio:
- promuovere attività di informazione e sensibilizzazione;
- fornire formazione e collaborazione con i "moltiplicatori" (quali preti, insegnanti, forze dell'ordine, centri sportivi, medici di base, farmacisti ecc.)
- riunire e integrare risorse già esistente favorendo la cooperazione fra persone, servizi ed istituzioni nel contesto di una crescente solidarietà;
- condurre programmi di ricerca;
- promuovere la formazione di gruppi di auto-aiuto;
- garantire un servizio telefonico di sostegno psicologico attraverso la creazione di una help-line.
Oltre alle psicoterapie individuali, verrà vagliata la possibilità di poter essere inseriti all’interno dei Gruppi Terapeutici a Conduzione Analitica,
rivolti sia a pazienti a rischio di suicido o che hanno già tentato il suicidio che per coloro che hanno perso un caro per suicidio, i survivors.
Psicoterapie individuali rivolte ai pazienti a rischio di suicidio e ai survivors
Sono rivolte a tutti coloro che ne fanno richiesta, previa prima visita psichiatrica, o a quanti in seguito a valutazione clinica vengono inviati dal medico psichiatrica.
Simon (21) ha recentemente riportato in un lavoro la complessità del rischio di suicidio imminente sottolineando che il rischio varia da un minuto all’altro, da un’ora all’altra e da un giorno all’altro. Ne deriva che la valutazione del rischio di suicidio deve essere un processo continuo e non un evento isolato.
E’ stato ampiamente confermato da diversi studi, che due terzi di coloro che commettono il suicidio comunicano il loro intento di uccidersi alcune settimane prima dell’atto suicidario ai loro familiari o amici (22-24). Il 40%, secondo questi studi, comunicava l’intento di uccidersi in modo esplicito; e metà delle persone valutate attraverso l’autopsia psicologica, non era mai stata in contatto con alcun operatore della salute mentale nel corso della loro vita. Circa il 90% aveva però usufruito di assistenza medica nell’anno precedente la morte, ma non assistenza psichiatrica.
Per tale motivo sono state elaborate una serie di scale cliniche volte a valutare il rischio di suicidio nei soggetti.
L’utilità clinica delle scale di valutazione consiste nel fornire al clinico la possibilità di introdurre la discussione sul tema del suicidio, oltre a completare la valutazione generale del rischio, attraverso punteggi standardizzati sulla popolazione generale.
servizio al momento non attivo
Tale ambulatorio non supporta emergenze o prevede percorsi dedicati con altre strutture intra o extra ospedaliere.
- Identificare i vari fattori che contribuiscono alla crisi suicidaria
- Condurre una valutazione psichiatrica completa, identificando I fattori di rischio e fattori di protezione distinguendo quelli modificabili e quelli non modificabili;
- Chiedere direttamente sul suicidio;
- Determinare il livello di rischio: basso, medio, alto;
- Determinare il luogo e il piano terapeutico;
- Indagare l’ideazione suicidaria presente e passata così pure intenti, gesti o comportamenti suicidari; indagare sui metodi usati ; determinare il livello di hopelessness, anedonia, sintomi ansiosi, motivi per vivere, abuso di sostanze, ideazione omicida;
- Segnali d’allarme: esprimere sentimenti suicidi o riferirsi al tema del suicidio; disfarsi di cose di valore, sistemare affari in sospeso, fare un testamento; segni di depressione: umore triste, alterazione delle abitudini del sonno e dell’appetito; cambiamento di comportamento(scarso rendimento scolastico o lavorativo); comportamento ad alto rischio (high-risk behavior); aumento del consumo di alcol o droghe; perdita di interesse nell’aspetto esteriore; isolamento sociale; sviluppare un piano specifico per il suicidio.