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Bologna, 22 maggio 2013: La prevenzione del suicidio, azioni, raccomandazioni, esperienze


 

 

 

Il Prof. Maurizio Pompili, interverrà al convegno presso Viale della Fiera 8 - Aula A Terza Torre, Bologna,
 il 22 maggio 2013, dalle ore 9.00 alle 14
per discutere sui programmi di intervento nell'ambito della prevenzione del suicidio.

 

Save the date: Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio 2013. Lo stigma:l’ostacolo per la prevenzione del suicidio

La Giornata Mondiale per la Prevenzione al Suicidio si tiene ogni anno, il 10 settembre su iniziativa dell’Associazione Internazionale per la Prevenzione del Suicidio (IASP) co-sponsorizzato dalla World Health Organization (WHO). Il suo promotore è stato il Prof. De Leo che nel 2003 la inaugurò con il motto “Il suicidio si può prevenire”. La Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio 2013 è un'opportunità unica per tutti i membri della comunità tra cui: ricercatori, medici, professionisti, politici, persone che hanno perso un caro per suicidio e altri addetti ai lavori e a quanti sono interessati ad unirsi all’International Association for Suicide Prevention e all'OMS per sensibilizzare l’opinione pubblica sul peso inaccettabile del suicidio, attraverso attività finalizzate a promuovere la comprensione del suicidio ed evidenziare programmi di prevenzione efficaci.

Quest’anno il tema proposto è: lo Stigma: l’ostacolo per la prevenzione del suicidio. Uno dei problemi più grandi legati al suicidio è lo stigma, ossia un marchio negativo che è associato a coloro che hanno tentato il suicidio o alle persone che hanno perso un caro per suicidio. La storia insegna che in passato veniva applicata ogni tipo di punizione a coloro che si suicidavano e ai loro cari. Oltre a sottoporre il corpo del suicidio a pubblica umiliazione, spesso si negava anche il rito funebre e la sepoltura nei cimiteri. Una possibile interpretazione di queste usanze si riferisce alla necessità di mostrare pubblicamente la gravità del gesto scoraggiando ulteriori suicidi, che aveva tuttavia effetti deleteri sui sopravvissuti. Attualmente, sebbene non vi siano più ripercussioni altisonanti, vi sono sottili processi di emarginazione nei confronti dei sopravvissuti, attraverso la riduzione dei contatti sociali, al silenzio sia dentro che fuori alla famiglia e alla sofferenza spesso negata dei singoli membri. L’impatto del suicidio ricade sui familiari coinvolti ma anche sulla comunità intera. Ogni suicidio priva chi rimane in vita di affetti, creatività e di contributi ai vari aspetti della vita. Non si tratta solo della perdita di un individuo, ma soprattutto del vuoto che esso lascia nelle molteplici attività dei viventi. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha attuato un programma guidato da una task-force internazionale per la riduzione e la prevenzione dei comportamenti suicidari. Nel far questo si sta cercando di identificare gli stadi iniziali del processo suicidario, attraverso l’identificazione precoce dei fattori di rischio e dei fattori protettivi, oltre alla valutazione e gestione della crisi suicidaria.

L’OMS (2000) considera il suicidio come un problema complesso non ascrivibile ad una sola causa o ad un motivo preciso, ma sembrerebbe derivare da una complessa interazione di fattori biologici, genetici, psicologici, sociali, culturali ed ambientali. Il suicidio, nell’ambito della salute pubblica, è un grave problema che potrebbe essere in gran parte prevenuto; costituisce la causa di circa un milione di morti ogni anno con costi stimabili in milioni di euro secondo quanto indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (2004). Stando ai dati attuali e all’analisi dei tassi di morte per suicidio nel mondo, le stime suggeriscono che nel 2020, le vittime potrebbero salire ad un milione e mezzo. Nel 2000 circa un milione di individui ha perso la vita a causa del suicidio, mentre un numero di individui variabile da 10 a 20 volte più grande ha tentato il suicidio. Ciò rappresenta in media una morte per suicidio ogni 40 secondi ed un tentativo di suicidio ogni 3 secondi. Questo ci porta a concludere che muoiono più persone a causa del suicidio che per i conflitti armati di tutto il mondo e gli incidenti automobilistici.
In tutte le nazioni, il suicidio è attualmente tra le prime tre cause di morte nella fascia di età 15-34 anni. Si può dire che lo stigma possa servire come mezzo di controllo sociale, in modo sia costruttivo che distruttivo. In ogni società vi sono comportamenti inaccettabili, che attraverso un processo di stigmatizzazione possono essere controllati e prevenuti. Nella società l’individuo stigmatizzato è visto come “l’altro”, colui che differisce dalla collettività. Recentemente alcune importanti associazioni americane impegnate nella lotta al suicidio (2002), in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il Centro per la Ricerca sul Suicidio Svedese e l’Organizzazione per la Prevenzione del Suicidio Giovanile della Nuova Zelanda hanno presentato un documento congiunto con le linee guida per i mass media in materia di suicidio. Tale documento mira a migliorare quelle distorsioni, inaccuratezze, esagerazioni e falsi miti che i mezzi di comunicazione di massa sono soliti inserire nei loro prodotti. I mass media possono influenzare facilmente l’opinione pubblica attraverso i loro servizi. In virtù del loro potere sulla collettività i mezzi di comunicazione di massa dovrebbero favorire una corretta informazione sia sulle patologie psichiatriche sia sui comportamenti suicidari. Non c’è dubbio che, attenendosi alle linee guida elaborate per evitare il fenomeno dell’imitazione, i mass media possono validamente contribuire alla riduzione dello stigma legato al suicidio. Se i fattori centrali che conducono allo stigma sono l’ignoranza, la paura e l’ostilità, allora gli antidoti debbono essere l’informazione, la rassicurazione ed efficaci e autorevoli campagne anti-discriminazione.

 

In Italia, la Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio è organizzata dal Servizio per la prevenzione del Suicidio, dell’Azienda Ospedaliera S. Andrea di Roma, diretto dal Prof. Maurizio Pompili, referente italiano della IASP, sotto l’egida del Prof. Paolo Girardi, Direttore della Cattedra di Psichiatria e responsabile dell’U.O.C. di Psichiatria. L’evento vede la partecipazione di relatori illustri di fama nazionale e internazionale, oltre alla partecipazione di numerose associazioni di survivors e professionisti della salute mentale. La Giornata prevede crediti ECM per Medici, Psicologi, Educatori Professionali, Infermieri, Tecnici della Riabilitazione psichiatrica. Viene previsto, inoltre, un attestato di merito rilasciato dalla IASP (International Association for Suicide Prevention), per il sostegno dato alla Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio.

 

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Finanziamenti

Per eventuali proposte di collaborazione e finanziamenti si prega di contattare il prof. Maurizio Pompili all'indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 

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Istruzione e Formazione

 

Uno degli obiettivi del Servizio per la Prevenzione del Suicidio è promuovere la formazione degli operatori e di quanti interessati al tema della prevenzione del suicidio.

Numerosi sono stati, ad oggi, i corsi, i seminari, congressi e convegni che hanno permesso approfondimenti sul tema del suicidio in realtà locali e nazionali.

Gli elementi salienti dei corsi di formazione riguardano la valutazione e gestione del rischio di suicidio, l’approfondimento dei modelli che descrivono il suicidio, i riferimenti epidemiologici, la comprensione della mente suicida, le terapie con effetti anti-suicidari, interventi farmacologici e psicoterapeutici e l’assistenza ai survivros.

Importante anche la considerazione del rischio clinico con esperienza maturata nel risk management per le aziende sanitarie locali

I corsi si rivolgono:

-          alle scuole di specializzazione in psicoterapia

-          agli insegnanti delle scuole medie e superiori

-          alle forze dell’ordine con esperienza di programmi già realizzati, rivolti agli Agenti di Polizia Penitenziaria, Carabinieri e Guarda di Finanza

-          ai survivors, coloro che hanno perso un caro per suicidio

-          alle diverse figure professionali che operano nel settore socio sanitario, tra cui: medici di base, infermieri, operatori sociosanitari.

 

Stigma e suicidio

Uno dei problemi più grandi legati al suicidio è lo stigma, ossia un marchio peggiorativo che è associato a coloro che hanno tentato il suicidio o alle persone che hanno perso un caro per suicidio. La storia insegna che in passato veniva applicata ogni tipo di punizione a coloro che si suicidavano e ai loro cari. Oltre a sottoporre il corpo del suicidio a pubblica umiliazione, spesso si negava anche il rito funebre e la sepoltura nei cimiteri. La famiglia spesso era privata degli averi del defunto o subiva addirittura ripercussioni legali (Alvarez, 1973; Pompili e Tatarelli, 2007). Una possibile interpretazione di queste usanze si riferisce alla necessità di mostrare pubblicamente la gravità del gesto scoraggiando ulteriori suicidi, che aveva tuttavia effetti deleteri sui sopravvissuti.

Attualmente, sebbene non vi siano più ripercussioni altisonanti, vi sono sottili processi di emarginazione nei confronti dei sopravvissuti. Si assiste dunque alla riduzione dei contatti sociali, al silenzio sia dentro che fuori alla famiglia e alla sofferenza spesso negata nelle manifestazioni più comuni ma presente nel quotidiano in modo mascherato e inaspettato.

Il suicidio è un atto personale, ma tutti ne sentono gli effetti. Così recita uno slogan diffuso da una grande associazione statunitense che si occupa della prevenzione del suicidio. Secondo le stime di questa associazione, ogni anno 180.000 individui divengono survivors, ossia individui che hanno perso un caro per suicidio. Il termine survivor o sopravvissuto è dunque utilizzato per descrivere le difficoltà che devono affrontare quotidianamente le persone che hanno perso un loro caro a causa del suicidio.

L’impatto è sulle famiglie, sulla comunità e sulla società nella sua interezza. Ogni suicidio priva chi rimane in vita di un potenziale di affetti, di creatività e di contributi ai vari aspetti della vita. Non si tratta solo della perdita della vita di un individuo, ma soprattutto del vuoto che esso lascia nelle molteplici attività dei viventi.

I sopravvissuti sono la più grande comunità di vittime nell’area della salute mentale connessa al suicidio (Shneidman, 1972).

Negli Stati Uniti ci sono circa 31.000 suicidi ogni anno. Si stima che per ogni suicidio ci siano almeno sei persone che sono intaccate da questo evento – e si tratta di una sottostima del fenomeno. Da questi calcoli risultano, dunque, cinque milioni di americani divenuti sopravvissuti negli ultimi 25 anni.

La perdita di una persona cara per suicidio è scioccante, dolorosa e inaspettata. Questa esperienza è un processo individuale molto complesso e che si svolge in tempi diversi; il dolore non segue sempre un percorso lineare e non necessariamente progredisce e si risolve. Non ci sono indicazioni sul momento in cui tale dolore si risolverà; questi individui non si aspettano di tornare alla vita normale precedente l’evento, ma devono adattarsi alla nuova vita senza la persona cara.

L’American Psychiatric Association considera il trauma derivante dalla perdita di un caro per suicidio “catastrofico”, come un’esperienza in un campo di concentramento.

Coloro che hanno perso un caro per il suicidio affrontano molte emozioni tipiche del lutto, ma in più provano una gamma di sentimenti unici per la loro condizione.

A differenza di altri decessi, in cui la responsabilità dei cari non è messa in discussione in quanto la morte sopraggiunge per malattia, incidente o per vecchiaia, nel caso del suicidio le persone che avevano anche un minimo contatto con il suicida si domandano se avrebbero potuto in qualche modo evitare, ostacolare e quindi prevenire l’atto letale.

Il sentimento di colpa è dunque l’elemento più importante cha attanaglia i survivors. Non è da sottovalutare che le persone che affrontano un lutto sono generalmente comprese e ricevono compassione, nonché sostegno; non si può dire che lo stesso avvenga per coloro che hanno perso un caro per il suicidio.

Un sentimento di facile riscontro nei sopravvissuti è la rabbia verso la persona deceduta. In altre parole, la persona che si è persa è anche l’omicida di se stessa, dunque è difficile non provare rabbia per chi è causa della perdita.

Una delle difficoltà più grandi dei sopravvissuti è immaginare momenti felici con chi è deceduto, il quale, avendo scelto di suicidarsi, ha scelto di non vivere più con i suoi cari, privandoli della possibilità di condividere anche i momenti lieti.

Questa difficoltà sussiste perché manca un evento accidentale come causa di morte; il suicida ha scelto di morire e dunque per i survivors ha scelto anche di interrompere qualsiasi rapporto con i suoi cari. Questi sono in conflitto nell’accettare e rifiutare la memoria del suicida. I sopravvissuti riportano in molti casi shock, rifiuto della perdita, dolore, ottundimento emotivo, rabbia, vergogna, disperazione, incredulità, depressione, tristezza, solitudine, sentimenti di abbandono, ansia e irritabilità. In alcuni casi, la perdita slatentizza un disturbo più grave.

La nostra esperienza ci ha mostrato psicosi paranoidi nel caso di non ritrovamento del corpo; dissociazione, disturbi deliranti e allucinazioni che si sono risolte dopo ricovero in ambiente psichiatrico, terapia farmacologica e psicoterapica.

Krysinska (2003) rileva che il comportamento suicidario è spesso preceduto dall’esperienza di aver perso una persona a causa del suicidio.

Recentemente (Pompili et al, in press) è stato evidenziato come il dolore di aver perso un caro per suicidio sia insidioso e pervasivo, tanto da devastare intere famiglie con ulteriori casi di morti per questa causa. Il suicidio di un certo individuo può anche portare a clusters di suicidio che si realizzano nell’ambito di un tempo limitato e in un certo ambito. E’ dunque facile rintracciare l’ideazione suicidaria in molti sopravvissuti che dichiarano che la loro vita non ha più speranza, e che anch’essi pur di disfarsi dal dolore mentale che li tormenta sono pronti al suicidio.

Questo è meglio comprensibile se si considera con Shneidman (1993) che il dolore mentale è l’ingrediente base del suicidio, e che tale gesto non è un atto di avvicinamento alla morte, ma di allontanamento da un dolore mentale insopportabile. Secondo Farberow et al (1992a,b), l’elaborazione del lutto inerente ad una morte per suicidio necessita di più tempo rispetto ad altri lutti. Solo dopo il terzo anno dalla perdita i due tipi di lutto sembrano non presentare più differenze significative. Il processo di lutto nei sopravvissuti del suicidio è spesso associato a pensieri suicidari e tentativi di suicidio (Latham et al, 2004; Szanto et al, 1997). 

Rassegna Stampa

Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio, 10 settembre 2012

 

Il 10 e l’11 settembre 2012 si celebrerà il 10° anniversario della Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio: dieci anni di ricerca, prevenzione, formazione e informazione. L'obiettivo più importante di questa iniziativa sostenuta dall'International Association for Suicide Prevention (IASP),  co-sponsorizzata dalla World Health Organization (WHO), è di aumentare la consapevolezza nella comunità scientifica e nella popolazione generale che il suicidio è un fenomeno che può essere prevenuto.  Il tema della Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio di quest'anno è: “La Prevenzione del suicidio nel mondo: rafforzare i fattori protettivi e infondere speranza”; Le campagne di prevenzione svolte in questo decennio si sono spesso concentrate sul ruolo giocato dai diversi fattori che possono condurre a comportamenti suicidari, proponendo strategie di prevenzione volte a ridurre i  fattori di rischio per il suicidio ma anche attraverso il potenziamento dei fattori protettivi. Quest’anno il tema del suicidio è stato molto spesso protagosnita di spiacevoli eventi di cronaca legati  alla crisi economica, all’incertezza per il futuro e problematiche sociali.  In questo contesto, a testimonianza dell’impegno delle istituzioni, lunedì 10 settembre 2012 ore 10.00 presso la Camera dei Deputati – Sala del Refettorio (Via del Seminario , 76) si terrà una tavola rotonda alla quale interverranno Paolo Girardi, Maurizio Pompili, Massimo Di Giannantonio, Mario Amore, Giuseppe Nicolò, Gianni Tibaldi, Maria Paola Corradi, Andrea Costanzo e gli onorevoli: Paola Binetti, Carlo Ciccioli, Mariapia Garavaglia, Settimo Nizzi e con la partecipazione straordinaria di: Conferenza Episcopale Italiana, Presidenza della Regione Lazio, Ministero della Salute. Gli obiettivi di questo incontro saranno: sviluppare globalmente la consapevolezza che il suicidio è una delle cause di morte che più di ogni altra può essere prevenuta, definizione di strategie preventive per il sucidio delineando i punti chiave e le linee guida su scala nazioanale.  Evidenziare da un punto di vista pragmatico i numerosi programmi di prevenzione attualmente attivi, le possibili fonti di finanziamento, i risultati delle ricerche e le attività collocate localmente nei vari strati della comunità.  Appuntamenti istituzioanli come questi danno l’opportunità ai diversi settori della comunità, tra cui: il pubblico, le associazioni a scopo benefico, le comunità, i ricercatori, i clinici, i medici di base, i politici, i volontari e tutti coloro che hanno a avuto a che fare con il suicidio, di valutare in modo sienrgico le migliori strategie verso una efficace prevenzione del suicdio e di poter entrare in contatto con IASP e con la WHO, oltre  ad indirizzare, durante la Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio, l’attenzione pubblica sul peso inaccettabile e sui costi sostenuti a causa del suicidio.   La WHO stima che ogni anno nel mondo muoiano un milione di persone per suicidio. Questi numeri rappresentano un tasso di mortalità per suicidio di 14,5 su 100.000 abitanti. La realtà è che ogni minuto, nel mondo, avvengono più di due morti per suicidio. In molti paesi industrializzati il suicidio può essere la seconda o a terza causa di morte tra gli adolescenti e i giovani adulti. I dati emersi da studi internazionali, evidenziano il fatto che il comportamento suicidario è un fenomeno complesso e solitamente una sola causa non è sufficiente a spiegare un atto suicidario. Durante gli ultimi tre decenni la raccolta di fattori di rischio per il suicidio hanno evidenziato cause biologiche, culturali, psicologiche, contestuali che possono influenzare il rischio di suicidio. In Italia si contano circa 4000 suicidi l’anno, come se un piccolo comune scomparisse completamente  . In Italia, la Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio è organizzata dal Servizio per la prevenzione del suicidio, dell’ospedale S.Andrea, diretto dal Prof. Maurizio Pompili, referente italiano della IASP,  sotto l’egida del Prof. Paolo Girardi, Direttore della Cattedra di Psichiatria e responsabile dell’U.O.C. di Psichiatria L’occasione vedrà, la partecipazione inedita dell'attrice e scrittrice Maria Evelina Nazzari, figlia del noto divo del cinema, che farà presenterà un video sulla sofferenza mentale  La Giornata prevede crediti per ECM per Medici, Psicologi, Educatore Professionale, Infermiere, Tecnico della Riabilitazione psichiatrica. Sarà previsto inoltre per quanti lo richiederanno, un attestato di merito rilasciato dalla IASP (International Association for Suicide Prevention), per il sostegno dato alla Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio.  10 / 09 / 2012                                                

 

Giornata Mondiale dedicata ai Survivors, 7 novembre 2012

Race For Life 2012

 

La Race for Life arrivata alla sua terza edizione, è un iniziativa del Servizio per la Prevenzione del Suicidio, diretto dal Prof. Maurizio Pompili – Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, Sapienza Univeristà di Roma, con l’organizzazione del Centro Sportivo Educativo Nazionale (CSEN) e della gestione tecnica di Romaratona Srl.
La gara si inserisce nel calendario sportivo con l’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica e mediatica sul delicato tema del suicidio e della sua prevenzione. L’obiettivo di tipo umanitario, sociale e sanitario parte dalla considerazione che il suicidio miete ogni anno circa un milione di vite umane con una morte ogni 40 secondi e un tentativo di suicidio ogni 3 secondi. In Italia si stimano circa 4000 suicidi ogni anno tuttavia ancora pochi sono gli strumenti per prevenire tale fenomeno. La Race for Life mira a far conoscere un tema spesso stigmatizzato e a favorire il riconoscimento dei soggetti in crisi.
L’iniziativa è stata accolta dalla comunità come dimostra l’ampio sostegno di enti ed aziende che hanno fornito il loro appoggio.